Qualche giorno fa ho fatto l’iscrizione ad un, famoso, portale di “esperienze” immaginando potesse diventare un possibile canale dove condividere le attività che propongo.
Mi mandano una mail per fissare, mi scrivono, una call conoscitiva.
Fissiamo.
La persona con cui parlo al telefono mi dice di aver guardato il mio sito ma mi chiede comunque che attività propongo.
E vabbè.
Poi mi dice che loro vendono “esperienze adrenaliniche”.
Esperienze.
Adrenaliniche.
Che le escursioni non vendono e quindi quelle poche rimaste sul portale andranno presto eliminate.
Le escursioni non vendono.
Okkkeiii.
Perché si fa così fatica a promuovere lentezza, cultura e il camminare?
Perché il concetto di lentezza, a partire dal vocabolario, è espresso in accezione negativa (andate a leggervi qualche definizione di lentezza e di velocità).
Perché la cultura è spesso veicolata come cosa noiosa.
Perché il camminare è visto come una cosa faticosa perciò negativa.
 

Sulla lentezza

Luis Sepùlveda, autore, tra l’altro, del libro “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”, attribuisce alla lentezza il valore di un gesto addirittura rivoluzionario.
“È una nuova forma di resistenza, in un mondo dove tutto è troppo veloce. E dove il potere più grande è quello di decidere che cosa fare del proprio tempo”.
Andare più lentamente ci consente di guardarci attorno, di vedere più cose, di capire noi stessi e gli altri.

La cultura cura

La cultura è un viaggio che può essere declinato in infiniti “luoghi” e modi, è un processo dinamico di scoperta, crescita e trasformazione; un viaggio che amplia gli orizzonti, sfidando pregiudizi e creando connessioni profonde con luoghi, persone e storie.

Camminare = Fatica

Anche qui serve un cambio di paradigma.
Fatica deriva da “fatis” legato al verbo “fatisco“.
Il significato è aprirsi, fendersi, screpolarsi.
Quindi fatis significa “crepa”.
Leonard Cohen nella canzone “Anthem” dice che “c’è una crepa in ogni cosa, è da lì che entra la luce“.
E la luce, ha detto Cohen commentando il suo brano, è la capacità di riconciliare la tua esperienza, il tuo dolore, con ogni giorno che albeggia.
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E quindi sì, camminare è fatica, perché fa entrare la luce. Come la lentezza. E la cultura.